Cosa hanno in comune microbiota intestinale e berberina nei disordini metabolici?

Sempre maggiori prove scientifiche dimostrano che la composizione del microbiota intestinale influenza l’attività farmacologica di numerose molecole.

Pertanto, comprendere i meccanismi che legano i batteri intestinali alla salute indotta dai farmaci ed ai principi attivi utilizzati nella pratica clinica potrebbe risultare utile a fare luce su eventuali fallimenti terapeutici.

La berberina è nota per essere attiva nel ridurre i parametri gluco-lipidici nei soggetti che presentano disordini metabolici; diversi lavori dimostrano una certa eterogeneità di risultati senza chiarirne il perché.

Nello studio clinico Gut microbiota specifically mediates the anti-hypercholesterolemic effect of berberine (BBR) and facilitates to predict BBR’s cholesterol-decreasing efficacy in patients i ricercatori hanno cercato di capire se il microbiota intestinale possa giocare un ruolo chiave nel modulare l’effetto ipolipemizzante della berberina (BBR), identificando eventuali batteri specifici che possano influenzarne l’efficacia.

Relazione tra microbiota intestinale e risposta ai farmaci

Nella pratica clinica si verifica spesso che i pazienti manifestino risposte distinte allo stesso trattamento farmacologico, situazione definita come “variazione di risposta interindividuale”.

Ad esempio, oltre il 20% dei pazienti diabetici di tipo 2 non risponde o non tollera il trattamento con metformina. La mancata o parziale risposta alle terapie farmacologiche rappresenta un problema molto sentito nella pratica clinica.

Oltre a fattori ben documentati come la genetica e le abitudini alimentari, recenti studi hanno dimostrato che il microbiota intestinale possa rappresentare un ulteriore fattore da prendere in considerazione: ad esempio una maggiore abbondanza di Prevotella sembrerebbe essere correlata ad una riduzione d’efficacia della metformina e in un recente studio è stato dimostrato che l’uso di antibiotici, riducendo la biodiversità batterica, influisce negativamente sulla risposta terapeutica alla rosuvastatina.

Il ruolo della berberina

La berberina è ben documentata per il suo effetto euglicemico e ipolipemizzante mediante numerosi meccanismi d’azione quale l’up-regulation per i recettori LDL, la modulazione del PCSK9 e l’attivazione dell’AMPK. Tuttavia, la biodisponibilità di questa sostanza è molto scarsa e raggiunge i siti d’azione con una dose plasmatica minima quando somministrata per via orale.

Recenti lavori hanno evidenziato come l’effetto ipolipemizzante della berberina sia dovuto non solo alla sua azione sistemica, ma anche alla modulazione e all’interazione con il microbiota intestinale.

Studio clinico

Nel presente studio clinico, randomizzato doppio cieco verso placebo, i ricercatori hanno testato la berberina per 90 giorni nei pazienti con iperlipidemia.

Al termine dell’analisi si è confermata l’azione di riduzione dei parametri lipidici da parte della berberina, ma i ricercatori hanno rilavato che, nonostante i risultati positivi per tutti i soggetti trattati, alcuni di essi avevano una risposta inferiore nella riduzione del colesterolo totale e dei trigliceridi.

I soggetti sono stati sottoposti a un test del microbiota intestinale a t0 e dopo i tre mesi di trattamento per cercare di capire se la risposta minore fosse correlata ai loro consorzi batterici. I pazienti responsivi rispetto ai non responsivi mostravano una biodiversità maggiore.

L’analisi specifica dei taxa ha evidenziato che tra tutti i generi, Alistipes era notevolmente superiore nei soggetti non responsivi; a livello di specie in particolare si evidenziava un aumento di Alistipes putredinis, A. shahii e A. finegoldi.

Un altro genere abbondante nei non responsivi era Blautia in particolare B. obeum e anche le specie Ruminococcus gnavus e R. torques.

Non solo berberina rispondeva meno nei soggetti con maggiore presenza di queste specie batteriche, ma nei soggetti con una risposta sopra la media, la berberina riusciva a modulare il microbiota riducendo proprio questi taxa ed ottenendo una risposta clinica superiore.

Questo studio evidenzia e conferma come il microbiota intestinale possa giocare un ruolo chiave nella modulazione biochimica in risposta ai trattamenti farmacologici; sarebbe perciò necessario indagare maggiormente le possibili interazioni batteri-farmaci per cercare di migliorare le risposte cliniche nei soggetti poco responsivi. 

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