Come la dieta ed il microbiota influenzano l’IBD?

Malattie infiammatorie croniche intestinali, le IBD affliggono circa l’1,5% della popolazione in America e in Europa, con costi di gestione diretti e indiretti che incidono molto sui sistemi sanitari. Sia incidenza che prevalenza di IBD sono in aumento in tutto il mondo, specialmente nelle regioni industrializzate.

L’eziologia della patologia è ancora sconosciuta, tuttavia diversi studi supportano l’ipotesi che il suo esordio sia dovuto ad una combinazione e interazione di fattori genetici, immunitari e ambientali; in particolare questi ultimi sembrano essere fondamentali nell’innesco della patologia.

Nella recente review Nutrition, IBD and Gut Microbiota: A Review i ricercatori hanno analizzato i dati più recenti che collegano l’IBD alla dieta e al microbiota intestinale, per cercare di capire se c’è un nesso tra questi aspetti nell’insorgenza della malattia e nella remissione dei sintomi.

Come il microbiota influenza l’IBD?

Nelle patologie infiammatorie croniche intestinali i fattori genetici non sono i soli a giocare un ruolo chiave nell’insorgenza della patologia.

Diversi studi hanno dimostrato che i soggetti con IBD sono più predisposti geneticamente ad avere una maggiore permeabilità intestinale: in questi pazienti si osservano anomalie nell’interazione microbiota-ospite, venendo a mancare l’effetto barriera.

Il microbiota intestinale in una persona sana agisce per produrre vitamine, reprimere l’espansione di patogeni e facilitare la digestione dei substrati alimentari, oltre ad essere un importante modulatore del sistema immunitario dell’ospite.

La corretta composizione del microbiota nell’uomo inizia con la modalità di parto e con il tipo di allattamento, dopo lo svezzamento inizia a strutturarsi e prendere le sembianze di un microbiota adulto dove i phyla dominanti sono Firmicutes, Bacteroidetes, Proteobacteria e Actinobacteria.

Gli studi dimostrano che l’IBD è chiaramente associata ad una disbiosi, inquanto si assiste sempre ad una riduzione della biodiversità con un crollo delle specie eubiotiche, dei produttori di butirrato e dei batteri che aumentano la produzione di muco intestinale.

L’aumento delle permeabilità intestinale, associato ad un aumento di batteri potenzialmente patogeni quali Escherichia coli e Fusobacterium, portano ad accentuare l’infiammazione intestinale. Questo cambio del microbiota è stato osservato anche in un recente lavoro di Lloyd-Price che su 132 pazienti con IBD ha osservato una disbiosi durante le fasi attive della malattia.

Come la dieta influenza l’IBD?

Diversi studi hanno dimostrato che alcuni nutrienti accentuano la patologia infiammatoria intestinale; un alto apporto di acidi grassi polinsaturi (PFUPA) così come un eccessivo consumo di proteine animali, in particolare di carne rossa, accentuano in maniera significativa lo stato attivo dell’IBD.

Il loro consumo eccessivo ha effetti diretti come la fermentazione delle proteine animali in ammoniaca che indebolisce le giunzioni serrate, ed effetti indiretti, andando a modulare la composizione del microbiota rendendolo povero in specie eubiotiche e produttrici di muco come Akkermansia muciniphila.

Alcuni regimi alimentari vengono evidenziati in diversi studi come soluzioni nel ridurre le manifestazioni da IBD, ad esempio la dieta a basso contenuto di FODMAP, la Gluten Free Diet, ma anche la dieta mediterranea, sono associate alla riduzione delle esacerbazioni della malattia.

Queste soluzioni, che devono essere attuate sotto controllo medico, hanno condotto sempre ad una modifica del microbiota intestinale con uno sviluppo di batteri eubiotici come bifidobatteri e lattobacilli e di batteri produttori di butirrato come Faecalibacterium prausnitzii, con contemporanea riduzione di potenziali patogeni.

Capire come modulare il microbiota intestinale tramite l’approccio nutrizionale potrebbe rappresentare una strategia per controllare l’IBD, oltre all’uso di specie batteriche probiotiche.

gliadines