IBS: nuove evidenze
nel ridurre
la sintomatologia

La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) è un disturbo gastrointestinale funzionale che colpisce circa 1 persona su 4, con maggiore prevalenza nel genere femminile.

I sintomi più comuni sono dolori e discomfort addominale, alterazione dell’alvo e sensazione di gonfiore.

I meccanismi fisiopatologici alla base di questa sindrome non sono ancora noti; il microbiota intestinale e l’infiammazione di basso grado sembrano giocare un ruolo chiave nell’instaurarsi della sintomatologia.

I ricercatori dell’Unità di Gastroenterologia dell’A.O.U Ospedale Città della Salute e della Scienza di Torino, nello studio Clinical Response and Changes of Cytokines and Zonulin Levels in Patients with Diarrhoea-Predominant Irritable Bowel Syndrome Treated with Bifidobacterium Longum ES1 for 8 or 12 Weeks: A Preliminary Report, hanno testato l’uso del probiotico contenente Bifidobacterium longum ES1 per capire se le caratteristiche di questo ceppo, già noto per le sue attività antinfiammatorie ed eubiotiche, potessero essere utili anche nel ridurre la sintomatologia dell’IBS, in particolare nei pazienti con alvo diarroico.

Quali sono le possibili cause dell’IBS?

Diversi fattori possono partecipare all’insorgenza e alla perpetuazione della malattia, tra cui genetica, stress psichico, dieta ricca di grassi e alcool.

Tra tutti sicuramente l’alterazione della permeabilità intestinale dovuta anche ad una disbiosi del microbiota e l’infiammazione di basso grado sono i fattori più riconosciuti nella genesi dell’IBS.

La perdita dell’integrità della barriera intestinale consente l’aumento del passaggio di sostanze pro-infiammatorie attraverso la mucosa intestinale, stimolando risposte immunitarie e sensibilizzando le fibre nervose afferenti.

La zonulina sierica, principale proteina coinvolta nella regolazione delle giunzioni serrate (TJ), è stata vista aumentare nelle diverse malattie in cui l’alterazione della permeabilità intestinale risulti centrale come nella malattia celiaca e nell’IBD. Questo parametro risulta aumentato anche nei soggetti con IBS, in particolare in quelli con prevalente alvo diarroico.

I soggetti reclutati per lo studio erano pazienti con diagnosi di IBS secondo i criteri di Roma IV ai quali veniva effettuato al basale e dopo 8 e 12 settimane, un test per misurare la gravità clinica dell’IBS e l’esame sierico per valutare il pool di citochine infiammatorie (IL-6, IL-8, IL12 e TNF-α).

Perché è stato testato il Bifidobacterium longum ES1?

Diverse meta-analisi hanno riportato l’efficacia e la sicurezza dei probiotici nei pazienti con IBS, in particolare prodotti contenenti bifidobatteri e lattobacilli.

Tuttavia, la grande eterogeneità dei lavori e dei ceppi utilizzati, non ne garantisce un risultato univoco.

I ricercatori di Torino hanno testato l’uso del probiotico contenente B. longum ES1; la scelta è stata dettata dalle caratteristiche già note del ceppo ES1, studiato in precedenza nei soggetti celiaci per le sue proprietà antinfiammatorie e per le sue capacità di modulare il microbiota intestinale verso specie benefiche migliorando la disbiosi. In diversi lavori il B. longum ES1 ha mostrato anche di ridurre la permeabilità intestinale agendo sulle TJ, risultando quindi un potenziale candidato anche per i soggetti con IBS.

Risultati

In tutti i pazienti è stata registrata un miglioramento della consistenza delle feci, già dopo 8 settimane di trattamento.

Le risposte in termini di riduzione della gravità dei sintomi legati all’IBS è stata maggiormente significativa dopo 12 settimane di trattamento in oltre il 50% dei soggetti, con un miglioramento del dolore addominale in circa il 63% dei soggetti trattati.

Interessante notare che il trattamento con il B. longum ES1 ha praticamente azzerato tutto il pool di citochine pro-infiammatorie testato (IL-6, IL-8, IL12 e TNF-α) già dopo 2 mesi di trattamento, mentre i livelli di zonulina sierica si sono ridotti in maniera significativa nel terzo mese di trattamento.

I ricercatori concludono che i dati promettenti ottenuti in questo studio pilota gettano le basi per studi clinici controllati con una più ampia casistica di soggetti.

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