Il microbiota vaginale è uno strumento predittivo dell’esito dell’inseminazione artificiale?

Circa il 10-15% delle coppie che cercano di concepire soffrono di subfertilità associata ad una causa definita: le cause più comuni includono disturbi ovulatori, malattie delle tube e anomalie dello sperma.

In quasi un terzo di tutti i casi, la subfertilità rimane sine causa.

Grazie alle recenti tecniche di fecondazione assistita molte coppie con diagnosi di subfertilità riescono a concepire, ma non tutte riescono a raggiungere questo obiettivo: si stima che solo il 25-35% delle donne rimanga incinta dopo il primo transfert di embrioni.

Nello studio The vaginal microbiome as a predictor for outcome of in vitro fertilization with or without intracytoplasmic sperm injection: a prospective study i ricercatori si sono posti un obiettivo molto ambizioso nel campo dell’infertilità, ovvero identificare un nuovo parametro, identificato nel microbiota vaginale, come fattore prognostico dell’esito della fecondazione assistita: “Se prima dell’inizio del trattamento di fecondazione FIVET o ICSI si potesse prevedere che l’impianto dell’embrione probabilmente non avrà successo, si potrebbero evitare e posticipare oneri fisici, emotivi e finanziari che gravano sulle coppie e sul sistema sanitario”.

Lo studio dimostra che oltre ai noti fattori utilizzati nei modelli di previsione come l’età della donna, la qualità dello sperma e il conteggio dei follicoli, l’esito della fecondazione assistita può essere influenzato anche dal microbiota del tratto urogenitale.

Descrizione dello studio

I ricercatori di diversi centri di PMA afferenti ai dipartimenti di Ginecologia e Ostetricia delle principali Università dei Paesi Bassi hanno collaborato per sviluppare questo studio prospettico che ha coinvolto 303 donne (età 20 – 42 anni) sottoposte a trattamento di fecondazione FIVET o ICSI.

L’intero studio si è sviluppato in due momenti: il primo lavoro ha raggruppato le donne reclutate secondo i risultati ottenuti dell’analisi del microbiota vaginale seguendo i 5 profili di Community State Tipe (CST) descritti da Ravel et al.:

  • CST I dominanza Lactobacillus crispatus
  • CST II dominanza Lactobacillus gasseri
  • CST III dominanza Lactobacillus iners
  • CST IV scarsa presenza di lattobacilli
  • CST V dominanza Lactobacillus jensenii

In una seconda coorte di studio, i ricercatori hanno valutato gli esiti dell’inseminazione artificiale associandolo alla comunità batterica che caratterizzava il microbiota vaginale di ogni singola donna.

Dallo studio è emerso che le donne con un CST IV o un CST V avevano quasi tutte un esito negativo all’inseminazione artificiale.

L’analisi ha inoltre mostrato quali specie batteriche erano correlate alla mancata gravidanza: non solo una presenza di Lactobacillus inferiore al 20%, ma anche un’alta concentrazione di Proteobacteria o Lactobacillus jensenii erano associate alle donne con fallimento della FIVET o ICSI.

Tra i vari patogeni, Gardnerella vaginalis era il più presente. Questa composizione del microbiota vaginale è stata definita dai ricercatori “Profilo sfavorevole”.

Quando tale profilo del microbiota vaginale è stato utilizzato come predittore per la mancata gravidanza, l’accuratezza predittiva in questo gruppo raggiungeva il 94%.

Qual era il profilo favorevole per l’esito positivo della FIVET o ICSI?

I ricercatori hanno profilato anche le donne con esito positivo alla fecondazione assistita; i microbioti CST I e CST III erano correlati in maniera favorevole alla gravidanza, in particolare l’abbondanza di Lactobacillus crispatus risultava altamente significativa (p=0.003) nelle donne che riuscivano a rimanere incinte dopo FIVET o ICSI.

I ricercatori hanno convalidato il modello predittivo in una coorte esterna di 50 donne: di queste, nessuna con “Profilo sfavorevole” è rimasta incinta, mentre le donne con un microbiota a dominanza L. crispatus hanno avuto un successo della fecondazione assistita tra il 30 e il 50% con una percentuale di gravidanza in corso tra il 75 e il 92% in base all’abbondanza relativa di questo lattobacillo.

Purtroppo, non è noto quando e quanto possa modificarsi il profilo del microbiota vaginale da sfavorevole a favorevole; i ricercatori invitano a sviluppare terapie, anche tramite probiotici contenenti Lactobacillus crispatus, che mirino a modulare la composizione del microbiota vaginale migliorando di conseguenza l’esito della fecondazione assistita.

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