L. crispatus e prevenzione parto pretermine: correlazione o casualità?

Il parto pretermine può essere dovuto a diversi fattori, inclusa la rottura prematura delle membrane e le infezioni vaginali, come quelle da Trichomonas vaginalis e Chlamydia trachomatis.

Un fattore protettivo verso queste infezioni vaginali sembra essere il microbiota vaginale, che quando presenta una dominanza di lattobacilli e una bassa biodiversità viene considerato “sano”, mentre quando vi è presenza di bassa abbondanza di lattobacilli e alto contenuto di batteri anaerobi viene definita “disbiosi” che può portare a diagnosi di vaginosi batterica, spesso asintomatica.

Nella review e meta-analisi pubblicata su Scientific Reports del gruppo Nature nel 2022, The vaginal microbiome and the risk of preterm birth: a systematic review and network meta-analysis, è stata analizzata la letteratura scientifica mondiale con argomento “microbiota vaginale e parto pretermine” al fine di fare chiarezza riguardo se e quanto la presenza o meno di lattobacilli potesse influenzare il timing del parto e, a quel punto, valutare anche se la specie di Lactobacillus dominante potesse avere la sua importanza.

I risultati della review

Sono stati presi in considerazione solo studi longitudinali con analisi del microbiota vaginale prima del terzo trimestre di gestazione, che inoltre, classificassero il microbiota in CST

(Community state types) in funzione della dominanza lattobacillare. Sono stati inclusi nella review 17 studi, per un totale di più di 2500 nascite analizzate, delle quali 570 pretermine, valutando quanto un microbiota vaginale a bassa carica di lattobacilli potesse impattare sul rischio di parto pretermine.

In tutti gli studi analizzati, i campioni vaginali sono stati valutati tramite analisi 16S tranne uno studio, che ha utilizzato l’innovativo metodo di shotgun sequencing.

I risultati hanno evidenziato come la predominanza di L. crispatus fosse protettiva verso il mantenimento di un parto oltre la 37esima settimana di gestazione, al contrario invece delle donne con scarsa presenza di lattobacilli nell’ambiente vaginale che si sono rivelate quelle a maggior rischio di parto pretermine.

Numericamente parlando, tramite calcolo dell’odds ratio, ossia il confronto tra le frequenze di comparsa di un evento, la dominanza di Lactobacillus crispatus diminuisce del 40% in media la possibilità di avere parto pretermine, rispetto alla situazione di scarsa presenza di lattobacilli nel microbiota vaginale.

Per rimarcare il concetto che non tutti i lattobacilli sono uguali, nella meta-analisi viene evidenziato come la dominanza di L. gasseri, L. iners o L. jensenii sia peggiorativa del rischio di andare incontro a parto pretermine rispetto a L. crispatus, con L. jensenii che addirittura presenta una odds ratio comparabile alla scarsa presenza di lattobacilli.

I community state types

Il microbiota vaginale viene classificato in CST (Community State Types) in funzione della dominanza o meno di determinate specie lattobacillari nel microbiota vaginale. Si definisce CST I quando la dominanza è L. crispatus; CST II quando è dominante L. gasseri; CST III con L. iners; CST V con L. jensenii.

Quando invece nel microbiota vaginale vi è una scarsa presenza di lattobacilli e una dominanza di batteri anaerobi, come Gardnerella e Prevotella, si è in presenza di CST IV, che in letteratura è quindi stata legata a una situazione di disbiosi vaginale e infezioni.

I risultati della review hanno quindi evidenziato come donne con CST IV siano maggiormente associate al rischio di parto pretermine rispetto alle donne con CST I.

La dominanza di L. crispatus viene infatti definita come miglior composizione microbica per ridurre il rischio di parto pretermine, evidenziando come i risultati dello studio possano essere importanti per predire e prevenire le nascite pretermine.

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