La senescenza indotta dal COVID-19 come fattore determinante la gravità del decorso

Il coronavirus SARS-CoV-2 causa un’infezione delle alte vie respiratorie; in alcuni casi la patologia può interessare anche altri distretti come i polmoni e sfociare in insufficienza respiratoria e danno multiorgano con un aumento significativo della mortalità.

L’escalation immunitaria e la cascata citochinica sono alla base delle esacerbazioni dell’infezione del virus da COVID-19.

Lo sviluppo farmacologico delle ipotetiche terapie mira a ridurre l’interazione tra la proteina spike di SARS-CoV-2 e il recettore dell’ospite ACE2 nonché l’assemblaggio e la replicazione del virus.

L’uso di farmaci antinfiammatori per contrastare la tempesta citochinica ha mostrato risultati contrastanti, imponendo alla ricerca di sviluppare nuove misure per controllare l’evolversi della patologia.

Nell’articolo recente pubblicato su Nature dal gruppo di ricerca che ha coinvolto anche il Dottor Francesco Di Pierro, Virus-induced senescence is driver and therapeutic target in COVID-19, si è analizzato un altro aspetto riscontrato nei malati gravi da COVID-19 ovvero le cellule senescenti, ipotizzando queste come nuovo target terapeutico per contrastare la tempesta citochinica responsabile dell’aggravamento dei sintomi nei soggetti positivi al COVID-19.

Cosa sono le cellule senescenti e perché possono essere un nuovo bersaglio terapeutico?

Le cellule senescenti presenti nell’organismo umano sono cellule vive che dimostrano però una forte propensione a rilasciare molecole infiammatorie (TNF-alfa, IL-1, IL-6) così come altre sostanze che favoriscono sia la digestione della matrice extra-cellulare che la cascata coagulativa, con formazione anomala di trombi.

La presenza di SARS-CoV-2 trasforma le cellule infettate in cellule senescenti del tutto indistinguibili dalle cellule senescenti considerabili più semplicemente “vecchie”. Questa trasformazione ha luogo prima che la cellula venga lisata dalla fuoriuscita di migliaia di copie del virus. Tra l’infezione e la lisi quindi, la cellula infetta rilascia le sostanze prima descritte alimentando l’infiammazione dei tessuti, la demolizione connettivale e la formazione di trombi. A livello polmonare il processo appare molto esteso ed è responsabile delle esacerbazioni legate all’infezione da COVID-19.

I senolitici sono molecole in grado di uccidere le cellule senescenti o di impedirne il comportamento senescente e quindi potenzialmente utilizzabili per contrastare le complicanze nei pazienti COVID-19.

I senolitici più investigati al mondo sono Navitoclax, Dasatinib, Quercetina e Fisetina. Sia in vitro che in vivo su modelli di Hamster e murino, i senolitici Navitoclax e l’accoppiata Dasatinib + Quercetina hanno ucciso le cellule senescenti, dimostrando di bloccare il processo di rilascio delle interleuchine infiammatorie e delle altre sostanze tossiche e quindi candidabili come ipotetiche terapie nei pazienti positivi al COVID-19 prima che i sintomi si acuiscano.

Purtroppo, la quercetina ha uno scarso assorbimento intestinale e quindi nell’uomo si dovrebbero preferire preparati in grado di aumentarne la biodisponibilità, come ad esempio l’uso del Fitosoma® che ha dimostrato di aumentare di 50 volte l’assorbimento della quercetina tal quale.

Quali evidenze ha mostrato la Quercetina Fitosoma®?

Nello studio effettuato in collaborazione con i ricercatori di Oxford, Possible Therapeutic Effects of Adjuvant Quercetin Supplementation Against Early-Stage COVID-19 Infection: A Prospective, Randomized, Controlled, and Open-Label Study è stato testato l’uso della Quercetina Fitosoma® nei pazienti Covid-19 con sintomi non gravi, e quindi inizialmente non ospedalizzati.

La quercetina, somministrata in forma altamente biodisponibile (Quercetina Fitosoma®) a non meno di 1000 mg/die, in associazione alle terapie standard, ha dimostrato di ridurre in maniera statisticamente significativa la durata dei giorni di ospedalizzazione (-93%), il numero di soggetti ospedalizzati (-68%), la necessità di terapie con ossigeno (-93%), il ricovero in terapia intensiva e la morte in confronto ai soggetti trattati con la sola terapia standard.

Gli stessi ricercatori, nello studio Potential Clinical Bene­ts of Quercetin in the Early Stage of COVID-19: Results of a Second, Pilot, Randomized, Controlled and Open-Label Clinical Trial, hanno valutato l’uso della Quercetina Fitosoma® ad un dosaggio maggiore, 1500mg/die, per verificare se questa accorciava il tempo di negativizzazione da SARS-CoV-2 e l’andamento dei potenziali marcatori di predizione della gravità della malattia.

L’uso della Quercetina Fitosoma® ha dimostrato di negativizzare il 76% dei soggetti in soli 7 giorni (rispetto al 9,5% dei non trattati) e il 100% dei soggetti in 14 giorni di trattamento. La Quercetina Fitosoma® ha consentito anche la riduzione significativa dei parametri di predizione della gravità della patologia (LDH e ferritina), con conseguente riduzione dei sintomi legati all’infezione da COVID-19.

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