Cancro ovarico:
HPV e microbiota ovarico
nella sua genesi?

Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha evidenziato la possibile stretta correlazione tra malattie umane i consorzi microbici che colonizzano gli organi egli apparati dell’organismo.

Anche un sito tradizionalmente considerato sterile, come il tratto riproduttivo femminile (FRT) superiore, costituito da utero, tube, ovaie ed endometrio, ha dimostrato di ospitare una biomassa, seppur rarefatta, di diversi phyla batterici. Inoltre, studi recenti evidenziano un possibile legame (Ovarian Microbiota, Ovarian Cancer and the Underestimated Role of HPV) tra la disbiosi del FRT inferiore e superiore e una potenziale predisposizione al cancro del collo dell’utero e dell’ovaio.

Condizioni predisponenti alla patologia tumorale del tratto riproduttivo superiore

Dati recenti mostrano che la biomassa del microbiota del sistema riproduttivo superiore è circa 10.000 volte inferiore a quella della zona vaginale; ha una biodiversità notevolmente maggiore poiché la quota di lattobacilli diminuisce esponenzialmente nelle parti più profonde del sistema riproduttivo lasciando spazio ad altre specie, sia commensali che potenzialmente patogene.

La presenza di Acinetobacter e di Chlamydia, un aumento del Mycoplasma e una scarsità lattobacillare nel FRT superiore sono tutte situazioni collegate a una predisposizione al cancro ovarico. Inoltre, una comunità batterica vaginale (CST) ad alta biodiversità è collegata alla presenza e alla persistenza del Papillomavirus umano (HPV) ad alto rischio e ad una conseguente predisposizione al cancro sia cervicale che ovarico.

Poiché tanto il microbiota vaginale che quello ovarico sembrano essere pienamente coinvolti nel possibile ruolo mutageno dell’HPV, dovrebbero essere considerate come favorevoli all’insorgenza e alla progressione dei tumori ovarici, soprattutto le seguenti condizioni:

  • la presenza di un CST sfavorevole, come CST III e IV;
  • la presenza e/o persistenza di HPV (soprattutto dei ceppi ad alto rischio);
  • l’interferenza con l’attività di alcuni geni oncosoppressori (p53);
  • la presenza di una mutazione BRCA1+
  • l’influenza del sistema immunitario, legata alla riduzione dei linfociti T.

Possibilità di intervento probiotico e nutraceutico

Mentre certe condizioni necessitano ancora di ulteriori chiarimenti, di sicuro nelle pazienti con molteplici fattori di rischio per il cancro ovarico un trattamento con Lactobacillus crispatus eseguito con un ceppo probiotico, avente la comprovata capacità di ripristinare un CST favorevole (CST I), dovrebbe essere considerata come terapia aggiuntiva, così come un trattamento singolo o combinato con L. crispatus e/o AHCC (alfa-glucani da Lentinula edodes) potrebbe costituire un’interessante terapia aggiuntiva e un ottimo strumento preventivo nei soggetti con un profilo di rischio elevato per il tumore della cervice uterina.

Vantaggi generali della prevenzione e del trattamento con probiotici/nutraceutici

I possibili vantaggi clinici di un intervento di questo tipo potrebbero essere ancora maggiori, coinvolgendo potenzialmente una popolazione più ampia rispetto a quella soltanto oncologica, consentendo così di differenziare i vantaggi clinici “generali” da quelli “oncologici”.

Il primo scenario di intervento, come prevenzione primaria, potrebbe includere tutte le pazienti con un CST sfavorevole a livello cervicale (in particolare il III e il IV) e/o quelle pazienti positive ad HPV ad alto rischio o che vedono la presenza di un HPV persistente da tempo.

Ne potrebbero anche beneficiare soprattutto quelle pazienti considerate ad alto rischio di patologia oncologia ovarica, a causa di una storia familiare importante, ma che non sono candidate per i test genetici, in particolare se molto giovani, oppure quelle donne con test genetici risultati positivi ma che si rifiutano di ricorrere alla chirurgia profilattica, specie se ancora in età fertile.

Il secondo scenario, come prevenzione secondaria e terziaria, potrebbe invece prendere in considerazione le condizioni di pazienti malati, sia con malattia in atto che pregressa, consentendo importanti vantaggi in termini di aumento dell’efficacia dei trattamenti oncologici e/o una diminuzione dei loro effetti collaterali, ma anche una riduzione delle possibilità di rischio di recidive.

Importanza della qualità degli integratori probiotici e nutraceutici utilizzabili

Alla luce di questi dati, è importante notare che, per molti prodotti a base di Lactobacillus crispatus commercializzati in Italia, esiste una discrepanza tra la dose dichiarata e quella effettivamente presente, mettendo in dubbio la capacità di questi prodotti modificare il microbiota vaginale.

Invece, come descritto da Di Pierro et al. per il ceppo Lactobacillus crispatus M247 (LMGP-23257), un trattamento di 3 mesi con almeno 20 miliardi UFC/die di tale probiotico, come in Crispact©stick, ha modificato quasi tutti i CST verso un CST di tipo I, che è favorevole nelle pazienti sessualmente attive con infezione persistente da HPV (), contribuendo all’eradicazione di circa due terzi dell’attuale HPV di alto grado.

L’eradicazione dell’HPV potrebbe essere tentata anche con la somministrazione (anche contemporanea) di alfa-glucani, polisaccaridi a catena corta e a basso peso molecolare.

La letteratura mostra come una particolare miscela di alfa-glucani denominata Active Hesose Correlated Compound (AHCC), ottenuta dalla fermentazione di un micelio primario del fungo Lentinula edodes, alla dose di almeno 3 gr/die, sia in grado di agire sia favorendo l’eliminazione del virus (aumentando i livelli di interferone-gamma notoriamente antivirali e contemporaneamente diminuendo quelli di interferone-beta, che agisce nella direzione opposta, favorendo la cronicizzazione dell’infezione) che aumentando la risposta immunitaria dell’ospite grazie alla sua capacità di amplificare l’espressione di alcuni geni deputati al controllo della risposta immunitaria e alla stimolazione dell’attività linfocitaria della linea T.

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